Persino i filosofi più ottusi ammettono che il rinchiudersi da soli all’interno del campo è divenuto ormai il più bel gesto di libertà che sia possibile compiere da parte di una donna o di uomo umani su questo pianeta. Il campo di lavoro diventa l’unico luogo al mondo in cui il destino non delude nessuno, a tal punto esso è conforme a ciò che si è in diritto di aspettarsi. (Matthias Boyol)Continue reading →
Il racconto della mia vita, per come lo vorrei cominciare oggi, è il racconto della vita di un anonimo. Appunto per questo va scritto, perché se non lo scrivo io, l’unica persona per la quale essa significa qualcosa, non lo scriverà nessuno. Continue reading →
Andiamo avanti eccitati, divertiti, riconoscendo i segni lasciati intorno a noi da chi ci ha preceduti, accettando insieme la buona e la cattiva sorte – le rose e le spine, come si suol dire – il pittoresco destino che riguarda tutti gli uomini e che riserva così tante possibilità ai più meritevoli o forse ai più fortunati. Sì. Andiamo avanti. E anche il tempo va avanti – fino a quando distinguiamo di fronte a noi una linea d’ombra che ci avvisa che bisogna lasciarci alle spalle anche la regione della prima giovinezza.
Una sera preparai del mole rosso e io e Arturo mangiammo con le finestre aperte perché faceva molto caldo, era sicuramente piena estate, e di colpo, dalla strada, arrivò un boato enorme, come se tutta la città fosse uscita a protestare per qualcosa, ma in realtà non protestavano per nulla, festeggiavano semplicemente una vittoria della squadra di calcio. Io avevo apparecchiato e mi ero impegnata col mole, ma il rumore della strada era così grande che non riuscivamo nemmeno a sentire quel che dicevamo, per cui fummo costretti a chiudere la finestra. Faceva caldo e il pollo con il mole rosso era venuto molto piccante. Arturo sudava, io sudavo, di colpo tutto andò di nuovo in pezzi e mi misi a piangere.
Mentre aspettavano i loro pad thai, accennarono per la prima volta alla malattia: lei gli chiese come si sentisse.
<<Bene>> disse lui, stringendosi nelle spalle. Tra loro c’era ancora quella piccola ferita aperta. All’epoca della diagnosi, in gennaio, lui non le aveva detto di avere il cancro. Miranda era venuta a saperlo dalla nonna, che viveva in Spagna. <<Perché ho dovuto scoprirlo da lei?>> gli aveva chiesto. Lui non le aveva risposto, e da allora non si erano quasi più rivolti la parola. Tornarono sull’argomento mentre aspettavano di mangiare. <<Ero imbarazzato>> disse lui. <<Lo so che non suona molto convincente>>. Continue reading →
In quei primi giorni di esplorazione Roger era il mio compagno inseparabile. Insieme ci avventuravamo sempre più lontano, scoprendo silenziosi e remoti uliveti che bisognava esplorare e ricordare, facendoci strada in mezzo a un dedalo di mirti pieni di merli, inoltrandoci in valli anguste dove i cipressi gettavano un manto d’ombra misteriosa e color inchiostro. Continue reading →
Ogni mattina va a piedi fino a Central Park, e si sdraia su un prato usando come cuscino il sacchetto di plastica in cui tiene il suo quaderno. Rimane per ore a guardare il cielo, e sotto il cielo le terrazze dei palazzi per nababbi della Quinta Avenue, dove vivono quelli come i Liberman, che ormai non vede più e il cui mondo raffinato appartiene ai suoi occhi a una remota vita anteriore.Continue reading →
Ecco, devo dire, Elson – perdonami se t’interrompo – che io non vengo da esperienze dure come quelle che hai descritto. Mr Conner e la sua brava moglie, e tuti il loro figli e nipoti, per me erano come una famiglia. Non mi hanno mai separato da mia moglie né dai mie figli. Mangiavamo bene, non ci picchiavano mai. Ci avevano dato una casetta gialla, piccola ma graziosa. Una buona soluzione, a conti fatti. Tutti gli uomini sono soggetti a limitazioni delle loro libertà; nessuno è del tutto libero. Io (mi pareva il più delle volte) stavo semplicemente vivendo una versione esagerata della vita di chiunque: adoravo mi a moglie e i nostri figli, e facevo quel che farebbe qualunque lavoratore, agivo per il loro bene e per continuare a vivere tutti insieme in allegria; ovvero mi sforzavo di essere un sevo bravo e onesto presso delle persone che erano, per nostra fortuna, brave e oneste. Continue reading →
“Guardati attentamente allo specchio, David. Cosa vedi? Qualcuno che non ti piace granché. Quando avevi vent’anni ti accettavi con i difetti e tutto. Poi è iniziato il disincanto. A trent’anni la tua tolleranza si stava esaurendo. Non eri del tutto affidabile, e sapevi di essere incline al compromesso. Il futuro stava già allontanandosi, i sogni luminosi scivolavano sotto l’orizzonte. E adesso sei solo una quinta teatrale, basterebbe una spinta e l’intera scena crollerebbe ai tuoi piedi. A volte hai l’impressione di vivere la vita di qualcun altro, in una strana casa che hai affittato per sbaglio. Il ‘te’ che sei diventato non è il tuo vero io”.Continue reading →
“Cosa resta da aggiungere rispetto ai fucili? Non sarà pigrizia mentale, incolparli di tanti problemi? In fondo non c’entravano niente con i trasferimenti forzati. Non possiamo dimostrare che abbiano provocato la carestia o decimato la selvaggina. Reepah non doveva spararsi; avrebbe potuto suicidarsi in un altro modo. La prima volta che dici ti amo in un’altra lingua hai la stessa sensazione potente di quando lo hai detto per la prima volta nella tua, allo stesso modo l’ipotesi dei fucili suona convincente, ma ci sono sempre nuove lingue da imparare…”