“Ma ciò che mi ha più impressionato è l’aver appreso che, dall’interno della stiva, e ancor più della sentina, non solo si percepisce ravvicinato e vivissimo il rumore del corpo e dei cavi che sfregano contro la carena, ma si possono anche sentire le grida subacquee del suppliziato. Sì, perché quel viaggio nel buio e nel gelo io me lo sono sempre immaginato muto, come una vicenda di rassegnazione, o come l’ingresso timoroso e un po’ stupefatto in un solenne mistero: il mistero del mare che non si vede, del mare nascosto dalla mole nera della nave. Invece ora vengo a sapere di una lotta, di una disperata resistenza al mistero, cioè di un attaccamento del condannato alla propria terrigna, legnosa, carnale umanità: e il cambiamento auspicato, allora? Quell’evoluzione profonda, intima (oserei dire quell’alterazione chimica) di uno spirito proteso alla conoscenza del proprio spavento? Un urlo solo, è evidente, la nega”.