Appunti

Lincoln nel Bardo, o di due realtà transitorie che hanno maturato un sentimento reciproco

Ecco, devo dire, Elson – perdonami se t’interrompo – che io non vengo da esperienze dure come quelle che hai descritto. Mr Conner e la sua brava moglie, e tuti il loro figli e nipoti, per me erano come una famiglia. Non mi hanno mai separato da mia moglie né dai mie figli. Mangiavamo bene, non ci picchiavano mai. Ci avevano dato una casetta gialla, piccola ma graziosa. Una buona soluzione, a conti fatti. Tutti gli uomini sono soggetti a limitazioni delle loro libertà; nessuno è del tutto libero. Io (mi pareva il più delle volte) stavo semplicemente vivendo una versione esagerata della vita di chiunque: adoravo mi a moglie e i nostri figli, e facevo quel che farebbe qualunque lavoratore, agivo per il loro bene e per continuare a vivere tutti insieme in allegria; ovvero mi sforzavo di essere un sevo bravo e onesto presso delle persone che erano, per nostra fortuna, brave e oneste.

Certo, quando mi impartivano in ordine, c’era sempre un momento in cui nella mi testa si faceva sentire una vocina riottosa Lì non bisognava fare altro che ignorare quella voce. Non era particolarmente ribelle o rabbiosa, solo la classica vocina umana che diceva grossomodo: voglio fare come mi pare, non come dici tu.

E devo ammettere che non sono mai riuscito a farla tacere del tutto.

Anche se negli anni si è piuttosto acquietata.

Ma non è il caso di lamentarsi troppo. Ho avuto molti momenti liberi e felici. Il mercoledì pomeriggio, per esempio , quando mi davano due ore libere tutte per me. E una volta al mese anche l’intera domenica, se non c’era un gran daffare. In effetti i miei svaghi furante quelle pause erano alquanto banali, quasi infantili: Vado a fare due chiacchiere con Red. Vado a sedermi in santa pace davanti al laghetto. Passerò per di qua non per di là. E nessuno poteva urlarmi: “Thomas, vieni qui” o “Thomas, per piacere, il vassoio” o “Thomas, bisogna dare una sistemata all’orticello, chiama Charles e Violet e mettilo al lavoro, fa’ il favore, bello”.

A meno che, si capisce, l’interruzione non fosse necessaria. Nel qual caso naturalmente, potevano interrompermi, in effetti. Anche di mercoledì pomeriggio. O di domenica. Anche a notte fonda. Mentre mi godevo un momento di intimità con mia moglie. O ero immerso nell’agognato sonno. O pregavo. O ero al cesso.

Comunque sia: ho avuto dei momenti per me. Liberi ininterrotti, sovrani.

Strano però: è proprio il ricordo di quei momenti a disturbarmi di più.

In particolare, il pensiero che altri uomini abbiano vissuto intere esistenze fatte di quei momenti.

George Saunders, Lincoln nel Bardo, Feltrinelli

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