Il racconto della mia vita, per come lo vorrei cominciare oggi, è il racconto della vita di un anonimo. Appunto per questo va scritto, perché se non lo scrivo io, l’unica persona per la quale essa significa qualcosa, non lo scriverà nessuno.
Lo scrivo non per leggerlo un giorno, unico suo lettore, davanti alla stufa, per trascorrere così qualche ora dimentico di me stesso, ma per leggerlo mentre lo scrivo e per cercare di capire. Sarò l’unico scrittore-lettore di questa storia il cui senso, lo scrivo per l’ennesima volta, è non-estetico e non-letterario. Non ho altra pretesa se non quella di essere lo scrittore-lettore-sperimentatore della mia vita. Potrebbe essere la biografia di un pidocchio o di un acaro, ma per me è importante quanto la mia stessa pelle, poiché succede che sia io stesso quell’essere oscuro, che siano miei i canali in cui essa brulica, miei gli escrementi, mie le sensazioni, completamente mia la turpitudine. Anche se sono nessuno, mi faccio male se mi pungi il palmo della mano, e il dolore che provo è mio e soltanto mio, e anche se la cosa non importa a nessuno, a me invece importa.